Dimenticatevi le spy stories tradizionali. Cancellate dalla vostra mente Alias. Ora si cambia registro. Succede poche volte che una serie televisiva rivoluzioni il modo di guardare la tv. L’aveva fatto Twin Peaks di David Linch. Lo aveva ripetuto Lost, la serie di J.J. Abrams che aveva trasportato su un’isola deserta i superstiti del volo Oceanic 815. Homeland non è da meno. Stravolge, rimescola le carte, rivoluziona. Mette in subbuglio tutto quello che abbiamo sempre creduto, sino a ora, essere una costante televisiva per tutte le storie che fanno della lotta al terrorismo la propria linea guida.
Eroe o terrorista? L’enigma da svelare
Otto anni, in una vita, sono molti. Troppi se li hai trascorsi lontano da casa,catturato da persone con un altro bagaglio culturale, altri ideali, altri modi di vivere. Non è facile, mai, in questi casi tornare indietro. Non lo è per Nicholas Brody, marine statunitense di cui da otto anni si erano perse le tracce, mentre era in Iraq. L’avevano dato per morto, e invece, quasi magicamente, viene ritrovato durante un’operazione di salvataggio. Quella che viene accolta come una notizia favolosa per tutta l’America, un ostaggio liberato, un eroe che torna a casa, manda in crisi Carrie Mathison, ufficiale operativo della CIA. Durante una missione non autorizzata aveva avuto una soffiata: un prigioniero di guerra americano era passato al servizio di Al Qaeda. Questa è la premessa di Homeland.
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