Bello, intelligente, spietato e ambizioso. Un cocktail micidiale se indirizzato sulla strada sbagliata. È la storia, ampiamente romanzata, di un novello Felice Maniero, il boss della mafia del Brenta, conosciuto come Faccia d’angelo. Una faccia, che per le due puntate (12 e 19 marzo alle 21,10 su Sky Cinema 1Hd) è quella di Elio Germano, ex enfant prodige della nostra cinematografia, rivelazione ai Golden Globe e Palma d’Oro a Cannes. «Non è un film biografico, ma la fotografia degli anni Settanta quando un ragazzo nato povero decide di inseguire un successo fatto di auto superveloci, donne bellissime e soldi, tanti soldi. È la storia di una patologia: quella di voler esibire una disponibilità economica illimitata». Elio Germano sintetizza così la psicologia di ”Felicetto” e dei suoi soci.
Le due puntate (ispirate al libro Una storia ciriminale di Andrea Pasqualetto e Felice Maniero) raccontano un periodo recente della storia italiana e sono ambientate in una zona geografica che mai aveva conosciuto la criminalità organizzata: il Veneto contadino popolato da gente laboriosa e umile. È proprio qui che il bandito, chiamato il ”Toso” nella finzione, decide di inventarsi imprenditore del crimine affondando la sua ambizione nella nascente economia del Nord-Est.
Al suo fianco una banda tanto potente quanto spietata che parte dal controllo del gioco d’azzardo per arrivare allo spaccio di droga e al contrabbando di armi. «Il Toso – dice Germano – è un personaggio così totale da avere l’illusione di poter gestire il crimine, di poter compiere rapine e traffici illeciti senza spargere sangue ma prendendosi sempre un sacco di soldi. Non è così: il sangue chiama sangue e il suo è un successo che finirà per distruggerlo facendogli scoprire troppo tardi tutti i valori veri che si è perso lungo la strada». Memorabile la scena in cui il Toso scopre di fare paura a chiunque, perfino al figlioletto piccolo.
Ma è anche un racconto di guerra alla criminalità con un team di poliziotti che combatte la neonata mafia e che arriverà ad arrestare per due volte il padrino veneto. In mezzo lunghissimi processi, enorme esposizione mediatica, evasioni rocambolesche e latitanze. Il tutto condito con toni cupi, drammatici dove ogni colpo di mitra è la naturale evoluzione del racconto. Proprio studiando i telegiornali dell’epoca e le carte giudiziarie, Germano ha costruito il suo personaggio: «Uno studio fatto su video e atti processuali, anche se poi ho deciso di distaccarmi per non raccontare Felice Maniero ma il Toso. Ho perfino studiato il dialetto veneto, in maniera annacquata altrimenti sarebbe risultato incomprensibile».
Nella storia un ruolo da protagonista spetta a Katya Ricciarelli nei panni della madre («ho vissuto quegli anni in Veneto e ricordo che di Felicetto se ne parlava tantissimo, ovviamente senza ammirazione»). Con lei diretti da Andrea Porporati, autore anche del soggetto e della sceneggiatura insieme a Elena Buccaccio e Alessandro Sermoneta, troviamo anche Linda Messerklinger che è l’attraente fidanzata dell’imprenditore del crimine.