QUESTIONE DI DIRITTI Un litigio per quasi trecento milioni di diritti tv, quelli che vanno divisi secondo il famigerato criterio dei “ bacini d’utenza”, ovvero in proporzione al numero di tifosi che una squadra può vantare e il problema è sorto sulla scelta degli istituti di ricerca a cui affidare le indagini demoscopiche. Le cinque grandi accusano le altre quindici società della Lega di Serie A di un “ golpe” nella scelta delle tre società ( Doxa, Crespi e Flexi Group). Perché su un argomento sfuggente come il tifo per una squadra ci possano essere operazioni poco chiare e, siccome, ogni punto percentuale vale oltre due milioni, si spiega il perché dell’asprezza della battaglia. Passare da 28% dei tifosi italiani, come dice di avere la Juventus « Secondo le recenti stime di Eurisko e CRA che da anni monitorano il comparto calcistico » , è molto differente dal vedersene riconoscere 20%, perdendo quasi venti milioni di diritti tv.
5 CONTRO 15 Ma proprio per il rapporto numerico della battaglia ( che ha avuto risvolti legali) il finale in Lega è scritto: votando per testa, vinceranno sempre i 15. Anche se il giudizio della Corte Federale potrebbe rallentare il processo e comunque la Serie A si potrebbe ricompattare trovando una mediazione. Anche per evitare che le cinque grandi si giochino la carta della vendita individuale dei diritti tv. Una bomba che rischia di spaccare la giovane Lega di Serie A. Ovviamente non si tratta di diritti riguardanti i novanta minuti di gioco che, per legge, devono essere venduti collettivamente, ma del pre e il post- partita, per intenderci: le immagini dagli spogliatoi, le interviste a tecnici, giocatori e dirigenti, le conferenze, l’accesso delle telecamere in certe zone dello stadio. Dettagli che contraddistinguono in modo determinante il prodotto televisivo e che la Juve e le sue “ quattro sorelle” possono vendere per i fatti propri a Sky. Sfilare questi contenuti dal pacchetto collettivo lo impoverirebbe non poco, mentre arricchirebbe in modo diretto le cinque grandi. A questo punto i quindici club “ capitanati” da Lotito e Campedelli del Chievo rischiano di trovarsi con una quota procapite più bassa dalla divisione dei diritti collettivi, avendo meno chance delle cinque grandi di compensare con la vendita individuale del “ contorno alla partita”.
LO SCONTRO Insomma, il gioco si fa duro e se non si arriva a una mediazione la battaglia rischia un’escalation della quale è difficile prevedere un punto di arrivo. Certo è solo quello di partenza: la decisione con la quale Juve, Milan, Inter, Roma e Napoli stanno affrontando la vicenda: la vendita collettiva, con la relativa distribuzione secondo i vari parametri della legge Melandri- Gentiloni, ha già impoverito i grandi club che non vogliono perdere ulteriori soldi e competitività europea.