In effetti la normativa, che si rifà a un Regio decreto del 1938 prevede che ‘apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive’ debbano pagare il canone che, per le aziende, è appunto speciale. «Con tutta evidenza — aggiunge Rossi — si stanno raggiungendo livelli inauditi nel tentativo di fare cassa con balzelli odiosi e barocchi. Perchè allora non chiedere il canone a tutti i possessori di uno smartphone, che si può collegare a internet? Non dimentichiamo — aggiunge il segretario della Lapam — che non stiamo parlando di pochi euro: il canone speciale va da un minimo di 200,91 euro per officine, studi professionali, negozi, circoli, alcune tipologie di esercizi pubblici etc… e sale a 401,76 per alberghi, altri esercizi pubblici, ma anche uffici, per salire ancora gradualmente fino a oltre 6mila euro per alberghi di lusso. Si tratta dell’ennesimo balzello, in un momento già durissimo a causa della crisi che non molla e, tra l’altro, il cosiddetto decreto ‘Salva Italia’ prevede che il numero dell’abbonamento Rai venga riportato sul modello Unico di dichiarazione dei redditi». Il segretario Lapam chiude con una richiesta forte alla politica: «Facciamo appello ai parlamentari modenesi perchè intervengano urgentemente e si facciano portavoce della protesta delle piccole e medie imprese. Questa misura va modificata il più presto possibile perchè ingiusta e anacronistica».