A Cielo il piano assegnava i canali 26 e 131, mentre nel suo ricorso Sky chiedeva che le venissero attribuiti canali dello stesso «blocco» delle reti Rai e Mediaset, e comunque non oltre le posizioni 10 e 11. Secondo la sentenza emessa dalla terza sezione del Consiglio di Stato (presidente Lignani, estensore Spiezia) si tratta di una pretesa non fondata. Per assegnare i canali, infatti, l’Agcom doveva tenere conto di una serie di criteri, a partire dalla «garanzia di semplicità d’uso del sistema di ordinamento automatico dei canali» e dal «rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti con particolare riferimento ai canali generalisti nazionali ed alle emittenti locali», certificati da un sondaggio Demoskopea. E tra le abitudini degli italiani non possono essere certo ricompresi canali nati nel 2009, dopo l’inizio del passaggio al digitale. Ma dove casca l’intero piano è sul rispetto dei tempi delle consultazioni, che l’Agcom dimezzò da 30 a 15 giorni: «Né appare invocabile l’urgenza di provvedere perché il problema della caotica situazione, connessa alla variazione della numerazione dei canali attuata convenzionalmente dalle emittenti, si era profilata fin dal 2008 (con l’avvio della irradiazione del segnale digitale in Sardegna) e, quindi, non era emerso all’improvviso».
Caos nei numeri sul telecomando: il consiglio di Stato boccia tutto il piano
PUBBLICITA'