Digitale terrestre “invisibile”: class action degli abbonati contro la Rai. Fra i tanti rimasti“senza segnale” con il passaggio dall’analogico aldigitale terrestre, i più agguerriti sono 123 abbonati Rai di Ravenna che hanno intentato una class action (il caso è al Tar del Lazio dal 18 luglio, si aspetta la sentenza) contro Raiway, la società che gestisce e controlla le reti. Davide contro Golia, prova a farsi coraggio Andrea Maestri, l’avvocato che difende i 123 cercando soddisfazione legale e un risarcimento sui disservizi che di fatto pregiudicano “il diritto, a fronte del pagamento del canone, di ricevere il segnale tv secondo gli standard previsti dal contratto di servizio” (come recita il testo della class action).
Golia è temibilissimo, come spiega Agnese Ananasso su Repubblica. Un dream team di super avvocati spiegherà che la colpa della mancata ricezione è dei proprietari della tv, non della Rai, perché il digitale terrestre non funziona per l’inadeguatezza “dei sistemi di ricezione dei singoli cittadini anche per difetto di puntamento delle antenne”. Che il canone Rai “ha natura di prestazione tributaria fondata sulla legge, e non costituisce quindi un corrispettivo per la prestazione di un servizio”. Maestri scruta il potente avversario:
«Nel pool di quattro legali della tv di Stato c’è anche Giuseppe De Vergottini, professore emerito di diritto costituzionale dell’università di Bologna, con il quale mi sono laureato io stesso col massimo dei voti, nonché uno dei trenta saggi nominati dal premier Enrico Letta per lavorare alle riforme». Non solo, De Vergottini fa anche parte del team di otto giuristi che ha stilato i sei pareri che puntano a sancire l’incostituzionalità della legge Severino, ovvero della norma che potrebbe scrivere la parola fine alla carriera parlamentare diSilvio Berlusconi. (Agnese Ananasso, La Repubblica)
Incidentalmente, ma fino a un certo punto, va sottolineato come la non ricezione del segnale pregiudica i presupposti giuridici alla base della legge Gasparri. Retequattro di Mediaset e RaiTre potevano evitare la cacciata sul satellite come imposto dai giudici della Corte Costituzionale perché il digitale terrestre avrebbe realizzato quella maggiore offerta di canali a garanzia della pluralità informativa. Ma la “scarsità di spazi” non è affatto scongiurata da “una transizione costosa – almeno 400 milioni di euro – e un po’ lacunosa, gestita in fretta e a tappe forzate”