Il digitale terrestre, Internet, la frammentazione della programmazione televisiva: la televisione sta cambiando faccia, e gli operatori si interrogano su come sarà il suo futuro. E i due presidenti delle maggiori aziende televisive italiane la vedono in maniera quasi opposta: se per il presidente della Rai, Paolo Garimberti, la tv di oggi è vecchia e deve cambiare, secondo Fedele Confalonieri, numero uno di Mediaset, è un’azienda che nonostante i cambiamenti in atto è capace di restare in sella.
Il confronto tra i due è andato in scena nella prima giornata bresciana di «Nord Camp 2011», che quest’anno prende il titolo «The switch off. L’Italia, dopo». Quel «dopo», sebbene non specificato, è il dopo-Berlusconi, e la questione si pone anche a livello televisivo, da sempre visto come la base su cui l’attuale Presidente del Consiglio ha costruito le proprie fortune politiche. Nella prima sessione Garimberti e Confalonieri parlano della situazione della televisione italiana: «Siamo arrivati a 15 canali Rai, ma oggi nel determinare gli eventi la tv è meno importante di ieri – sostiene il presidente Rai -. Oggi la rivoluzione parte da Internet, come testimoniano le rivolte in Nord Africa: i giovani usano i social network, la tv arriva a certificare l’evento». «È vero, ma nell’epoca di Internet è aumentata la copertura televisiva e non abbiamo perso audience – rilancia Confalonieri -. La tv resta un’impresa solida, lo strumento più importante per la pubblicità. La televisione generalista è tutt’altro che finita: anche l’ammiraglia Rai è tornata a fare servizio pubblico, dopo aver scimmiottato per anni la tv commerciale».
ANCHE la politica si interroga su come comportarsi con il nuovo assetto dei media, e lo fa per bocca del responsabile della comunicazione del Pd, Marco Follini: «Siamo cresciuti con l’idea di onnipotenza della tv, ma non è più così. Sappiamo che la tv sposta voti, ma non come: se ci affanniamo di meno guadagneremmo qualche voto in più». Sull’influenza «politica» della televisione si sofferma anche Confalonieri, che si dice disinteressato al problema: «Porto avanti un’azienda che produce intrattenimento. La cosa principale in politica rimane l’uomo, a scanso di tv e internet». E un po’ a sorpresa non risparmia una critica a Berlusconi: « Nel 1994 è partito con una bella frase parlando del “teatrino della politica”, ma oggi ne è diventato schiavo. Dobbiamo riprendere una politica in cui si ragioni, ma il dopo Berlusconi dovrà aspettare ancora».
Sul versante Rai, ciò che preoccupa Garimberti è soprattutto la tendenza a pensare che la tv sia non pubblica, ma di Stato, sotto il controllo dei partiti: «Non abbiamo sicurezze sul versante dei finanziamenti, e quindi dobbiamo essere commerciali e non possiamo garantire il vero servizio pubblico». Il quadro per la televisione futura non è ancora ben definito, ma Confalonieri e Garimberti provano a tracciarne i contorni: «I canali generalisti hanno perso audience, ma è aumentata quella dei canali specializzati – sostiene il numero uno Rai -. Dobbiamo pensare in termini di futuro, soprattutto per una macchina pesante come la televisione pubblica italiana».
Confalonieri non molla e si lancia in una difesa dell’attuale sistema televisivo: «Berlusconi ha laicizzato la tv, ha introdotto spettacolo e intrattenimento. Noi continueremo a fare la tv come abbiamo fatto finora, cercando di divertire e informare. Il nostro lavoro è quello, e lo sarà anche dopo Berlusconi».