Sono necessarie per vedere Sky e tutti i nuovi canali satellitari, e saranno fondamentali tra pochi giorni in quei paesini dell’entroterra dove il segnale del digitale terrestre non arriva o arriva male, ma di certo la selva di antenne paraboliche che proliferano su tutti i tetti e sempre più spesso le facciate dei palazzi non è un bello spettacolo alla vista né un segno di decoro architettonico. L’ultimo caso esploso è quello della darsena, con diverse “padellone” rimaste a rovinare la vista porto dalla nuova piazza del complesso Crescent retaggio di un passato duro a morire. Ieri alcuni cittadini hanno scritto una mail al Secolo XIX per denunciare lo scempio e chiedere spiegazioni. «È mai possibile che in una piazza nuova di zecca, nuova vetrina della città, resistano orrori simili?» è la denuncia.
La domanda ha innescato un’indagine e si è scoperto che dietro la permanenza di quelle antenne c’è un piccolo caso diplomatico. Le parabole, infatti, sono delle Opere Sociali che hanno già chiesto da tempo ai loro inquilini (ristoranti e attività della sottostante Calata Sbarbaro) di rimuoverle e così liberare la nuova piazza dalla loro presenza. Il punto è che i piloni di ferro su cui si trovano sono invece del Comune che aspetta a toglierli perché si completi l’iter del collaudo della piazza che sta andando per le lunghe nonostante l’inaugurazione già avvenuta mesi fa. E sullo sfondo c’è pure la Fidia, l’impresa della famiglia Dellepiane che ha fatto il complesso del Crescent e la piazza, che sollecita alle Opere Sociali di togliere non solo le antenne ma razionalizzare tutti gli impianti delle “terrazzette” per aumentare la qualità e l’ordine della piazza. «Sono state fatte canalizzazioni ad hoc, ma Opere Sociali non ci risponde» è la lamentela. «Noi stiamo solo aspettando che il Comune rimuova quei piloni di ferro dopodiché toglieremo le antenne e sarà tutto a posto – taglia corto Donatella Ramello, presidente delle Opere Sociali – ai nostri inquilini abbiamo già chiarito che le antenne hanno le ore contate».
Ma il vero punto è che di casi simili, con protagoniste altre parabole che deturpano palazzi e scorci cittadini, ce ne sono a bizzeffe in città. Un calcolo a spanne dice che sono poco meno di 6 mila le “padelle” esposte verso il cielo e sempre più spesso non spuntano sui tetti, dove non si vedono e quindi non danno fastidio, bensì su facciate, balconi, verande e finestre perché metterle qui costa meno e non si rischia nulla visto che di multe non ne sono mai state fatte. E non ne sono mai state fatte – si è appreso ieri – perché manca un regolamento ad hoc che fissi paletti su come e dove metterle e dove no. L’unico vincolo che c’è è quello del regolamento edilizio comunale che però contiene solo qualche passaggio striminzito sia sulle parabole sia sui condizionatori d’aria esterni e questo non rappresenta un freno.
Un problema ben noto a Palazzo Sisto che non a caso sta studiando come intervenire per colmare questa lacuna e avere più strumenti di contrasto. «Vogliamo ragionare anche su questo aspetto delle parabole, è vero – conferma l’assessore alla qualità urbana, Paolo Alpicella – è un discorso che non riguarda solo il sottoscritto ma anche l’assessore all’urbanistica perché ci sarà probabilmente da intervenire sul regolamento edilizio. In ogni caso segnalazioni di brutture e scempi ne arrivano in Comune e tra le cose che faremo c’è sicuramente una disciplina di questa materia».