Dallo switch-off della tv analogica sono passati poco più di dodici mesi (era l’ottobre 2010) e in Lombardia è già tempo di bilanci. La regione del Pirellone presenta un’offerta digitale di gran lunga superiore alla media nazionale, soprattutto grazie allo sviluppo di un sistema multicanale che interessa il mondo dell’emittenza locale: una situazione che rende ancora più significativi i dati emersi da una ricerca Eupolis, commissionata dal Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom) lombardo, e condotta su un campione di 48 emittenti del territorio.
Segno meno. I numeri evidenziano che l’emittenza televisiva locale sta attraversando, in Lombardia, una fase di grande incertezza, aggravatasi poi nell’ultimo biennio, proprio all’indomani dello switch-off. I dati Auditel certificano un calo dei contatti giornalieri, che in molti casi si è acutizzato nell’anno successivo allo spegnimento del segnale analogico. E non va certo meglio se si guarda al futuro. Per il 2013 è prevista una diminuzione dello share stimata fra il 70% e l’80% sulle televisioni tradizionali, soprattutto per quanto riguarda l’offerta generalista. Perdita che, sempre secondo le proiezioni, dovrebbe essere compensata da una crescita compresa tra il 25% e il 35% sui nuovi canali, sia gratuiti che a pagamento. È in caduta anche il fatturato derivante dalle società concessionarie di tv locali, diminuito nel corso del 2009 di oltre 13 milioni di euro rispetto all’anno precedente, pur restando con 82 milioni il secondo più alto in Italia, dietro a quello Veneto. A conferma del buon dato complessivo, il fatto che le tv locali di Milano e delle altre province lombarde contano il più alto numero di dipendenti rispetto a tutte le altre regioni italiane (784 addetti su un totale di 5.202), assorbendo da sole il 15,1% della forza lavoro complessiva del settore.
Futuro incerto. Altri problemi potrebbero arrivare, ora, con le nuove normative sulle frequenze. Infatti è stato imposto lo “sgombero” di nove tra le frequenze assegnate nel 2010 alle televisioni locali (precisamente i canali compresi fra 61 e 69). Una decisione che rischia di portare alla chiusura, o comunque alla penalizzazione, di alcune realtà locali. C’è quindi una certa preoccupazione per le televisioni lombarde che temono conseguenze sul piano degli investimenti aziendali, dei progetti e – naturalmente – delle entrate pubblicitarie. Disagi sono ipotizzabili pure per le televisioni locali che subiranno indirettamente le conseguenze della liberalizzazione delle frequenze. Lo slittamento automatico a un canale diverso rispetto a quello occupato subito dopo lo switch-off, infatti, richiede un’ulteriore risintonizzazione, circostanza che rischia di disorientare ancor di più gli spettatori.