Due notizie sul fronte dei ricavi dei servizi televisivi in Italia: la prima e’ che se nel 2011 la contrazione dei ricavi dei servizi televisivi era stata leggera, nel 2012 invece la flessione e’ “notevole”, e’ dell’8,7%, vittima in particolare la tv in chiaro (-11,9%) mentre gli introiti della televisione a pagamento hanno registrato una riduzione piu’ contenuta (-3,5%). La seconda e’ che Sky sorpassa Mediaset e Rai, con la quota piu’ alta di ricavi e la minore flessione.
Al secondo posto per ricavi c’e’ Mediaset, che pero’ segna la flessione maggiore, e quindi la Rai, terza per ricavi e seconda per flessione annua. Lo dice la relazione annuale dell’Agcom presentata al Parlamento dal presidente Angelo Marcello Cardani. Le stime Agcom riferite al 2012 parlano di un totale ricavi televisivi pari a 8 miliardi 224 milioni 190mila euro, che nella suddivisione si traducono in 2 miliardi 631 milioni e 620mila euro per Sky, con una flessione dell’1,4% “a riprova – dice la relazione dell’Agcom – della maggiore capacita’ di tenuta della televisione a pagamento”. Per Mediaset invece ricavi pari a 2 miliardi 487 milioni e 790mila euro, con flessione pero’ di ben il 13,2%.
Poi la Rai con ricavi pari a 2 miliardi 343 milioni 180mila euro e flessione annua del 7,5%. Le voci delle entrate di Sky e Mediaset sono pubblicita’ e offerte pay, mentre per il servizio pubblico le voci sono quelle del canone (nel 2012 pari a 1 miliardo 643 milioni 230mila euro) e della pubblicita’, pari a 683 milioni 560mila euro. Sul totale dei ricavi, Sky e’ a quota 32%, contro il 30,2% di Mediaset e il 28,5% della Rai. Per un’incidenza sul totale pari al 90,5%. Il restante circa 10% dei ricavi televisivi e’ disperso tra un elevato numero di emittenti in chiaro e a pagamento, di rilievo nazionale o locale, tra cui spicca il gruppo Telecom Italia, presente nella televisione in chiaro con la controllata Telecom Italia Media, in quarta posizione con ricavi stimati in 146 milioni 610mila, in flessione del 7,7%, ricavi derivanti dalla sola pubblicita’, e quota di mercato pari all’1,8%.
Da rilevare che tale gruppo nel corso di quest’anno ha ceduto le attivita’ relative all’emittente La7 al gruppo Cairo Communications. Nella classifica ci sono poi tutti gli altri operatori, considerati pari a una quota di mercato del 7,5%, con ricavi totali per 614 milioni 99mila euro, in flessione del 21%. Distinguendo tra tv gratuita e tv a pagamento, l’ammontare stimato (elaborando dati aziendali) dei ricavi 2012 per la prima e’ pari a 4 miliardi 855 milioni e incide per il 59% del totale, mentre l’ammontare dei ricavi per la seconda voce e’ indicato in 3 miliardi 369 milioni. La riduzione dei ricavi complessivi della televisione e’ da imputarsi principalmente alla contrazione dei ricavi pubblicitari. A tal proposito, mentre nel 2010 si era assistito a una ripresa degli introiti pubblicitari, il 2011 ha visto una stagnazione dei medesimi aggravatasi nel 2012 con una flessione che l’Agcom stima essere pari al 17,9%. Eppure la pubblicita’ rimane la principale fonte di finanziamento dei servizi audiovisivi su mezzi tradizionali, soprattutto della televisione in chiaro, con una quota del 42,2% delle risorse totali. Anche l’offerta pay appare interessata dalla congiuntura economica negativa, sebbene in maniera assai piu’ contenuta, con una riduzione stimata pari all’1,4%. Decrescono anche gli introiti derivanti da provvidenze e convenzioni con soggetti pubblici, mentre i ricavi derivanti dal canone rappresentano l’unica fonte di finanziamento che registra un tasso di crescita positivo (+2,3%). A proposito di canone, l’Agcom ha tenuto conto dello schema di contabilita’ separata della Rai, riferito all’esercizio 2011, e dei relativi aggregati contabili: il canone da attribuire alla diffusione televisiva e’ stato calcolato applicando al valore totale una percentuale pari alla quota di costi diretti attribuiti a tale attivita’ sul totale dei costi diretti imputati al servizio pubblico (il cosiddetto aggregato A della contabilita’ regolatoria). Tornando al quadro nudo e crudo dei numeri, la relazione di Cardani dice che analogamente all’anno precedente, lo scenario economico recessivo determina, da un lato, la riduzione dei budget di spesa degli inserzionisti pubblicitari, cui consegue la rilevata contrazione dei ricavi pubblicitari; dall’altro, l’incidenza della congiuntura economica negativa sul reddito reale delle famiglie ha portato a un’inversione del trend di crescita dei ricavi da offerte a pagamento. Nel caso della pay-tv, il potere di acquisto delle famiglie si e’ notevolmente ridotto nel corso degli anni, stante la crescita piu’ sostenuta dei prezzi delle offerte pay-tv rispetto all’aumento dei prezzi al consumo; viceversa, l’andamento del canone tv per la detenzione di apparecchi riceventi e’ stato maggiormente in linea con quello dell’inflazione.