«Questa è l’ennesima rimostranza contro la Rai e pure contro l’Agenzia delle entrate Sat di Torino per far cessare le minacce di procedure cautelari e coattive, come il fermo amministrativo dei veicoli o il pignoramento dello stipendio, rivolte ai disdettanti dell’abbonamento Rai».
L’ESPOSTO. Inizia così l’esposto inviato dal Clirt – Comitato libera informazione radio televisiva – di Marostica alla procura e alla Corte dei conti di Torino. Con l’avvocato Giovanni Bertacche, portavoce del Comitato, le migliaia di vicentini che hanno deciso di rinunciare alla Rai e che ciononostante si trovano “minacciati” dal fisco hanno deciso di intraprendere un’azione legale segnalando il comportamento della televisione di Stato alle autorità competenti.
LA DISDETTA. Il caso canone Rai è noto e, in questo periodo dell’anno – entro il 31 gennaio bisognava pagare il canone per l’anno 2011 – montano polemiche e proteste. Gli aderenti al Clirt avevano deciso, alla fine del 2010, di seguire le indicazioni date dalla legge. E cioè inviare la disdetta: «Noi non vogliamo più la tv di Stato, e pur di non pagare siamo disposti a restare senza tv». Una decisione che comporta infatti il suggellamento del televisore, ma che fa in modo che dall’anno successivo il canone non debba più essere pagato.
LE INTIMAZIONI. E invece i disdettanti stanno ricevendo – come dimostra l’avv. Bertacche carte alla mano – una serie di lettere dall’Agenzia delle entrate, con le quali l’amministrazione fiscale intima il pagamento tramite il bollettino postale onde evitare il fermo amministrativo dei veicoli o il pignoramento di una percentuale dello stipendio.
IL GARANTE. Bertacche cita anche il Garante del contribuente, intervenuto più volte sulla questione, che aveva fatto riferimento ai «mezzi fraudolenti ed estorsivi per costringere gli abbonati disdettanti a pagare canoni non dovuti», da non utilizzare. «Il peggio è che il Sat dell’Agenzia delle entrate di Torino, destinatario della disdetta, pur informato, non muove un dito per ricordare alla Rai che i disdettati non devono essere diffidati al pagamento del canone e tantomeno minacciati con azioni esecutive. E anche ammesso che la disdetta non sia ritenuta efficace, spetta al Sat segnalare agli interessati le eventuali irregolarità e se del caso chiudere il procedimento, restituire la tassa pagata per la disdetta e intimare il pagamento del canone. Nulla di questo avviene. Possibile?».
LE PROTESTE. Coloro che hanno scelto la strada indicata dal Clirt sono numerosi, nel Vicentino, negli ultimi anni. Ma il loro numero sta salendo a dismisura nelle ultime settimane. A comporlo sono le famiglie che, da quando è entrata in funzione la nuova televisione con il digitale terrestre, da casa loro non riescono più a vedere non solo le reti Rai, ma anche la maggioranza dei canali a disposizione. Tutti costoro si sono lamentati pubblicamente, e molti hanno scelto di non pagare il canone alla scadenza di fine gennaio visto che le iniziative messe in atto in precedenza non hanno consentito loro una ricezione migliore. «Quello che indispettisce soprattutto – scrive ancora Bertacche – è che queste famiglie non abbiano trovato un responsabile con cui interloquire. Tutto si perde nei meandri delle burocrazie, amministrative o tecniche, dove nessuno ha responsabilità di quanto sta avvenendo e le speranze di un qualche rimedio svaniscono mano a mano».
UNO SU QUATTRO. Nonostante le proteste e le disdette, negli ultimi anni il numero di coloro che pagano gli oltre 100 euro dovuti al canone non è cambiato molto nel Vicentino. Nella provincia berica, infatti, non paga la “tassa” una famiglia su quattro, e la cifra del 25 per cento è rimasta costante negli ultimi anni. Fra l’altro, si tratta di una cifra analoga a quella nazionale (il 24 per cento degli italiani non paga il canone). Da quanto emerge dai controlli della Rai relativi agli anni scorsi, non ci sarebbero differenze sensibili fra regioni; l’Alto Adige è una delle poche regioni in cui il numero di chi non paga (all’interno del quale vanno inseriti coloro che non hanno alcun apparecchio televisivo, ma come si può immaginare la cifra è scarsamente rilevante e non inficia il dato complessivo) è sotto il 20 per cento (19,9). A livello provinciale, invece, Rovigo segna un piccolo record con il suo 12,7 di cedolini non pagati. E non emergono significative differenze nemmeno fra Nord e Sud: in Campania non paga il 26 per cento, in Sicilia il 26,5, in Puglia il 24. Ora, con le disdette del Clirt, questi dati per la provincia berica potrebbero cambiare in maniera sensibile.
Fonte: Il Giornale di Vicenza