“Outsourced”, sit-com composta da 22 episodi, ispirata all’omonimo film del 2006 diretto da John Jeffcoat, arriva in anteprima assoluta su JOI, da venerdi’ 30 settembre, in prima serata. Il telefilm e’ stato co-prodotto da Universal Media Studios e da Cahoots Productions per il network NBC. La sceneggiatura prende spunto da una pratica sempre piu’ adottata dalle aziende internazionali: l’”outsourcing”. Un termine economico inglese che significa “delocalizzazione”: cio’ avviene quando le aziende “trasferiscono” un settore della propria struttura all’estero, in paesi dove il costo del lavoro e’ piu’ basso. Questo aspetto, in un momento di crisi economica come quella degli ultimi anni, non ha lasciato indifferente la critica che ha accusato la sitcom di trattare un tema cosi’ sentito in modo troppo semplicistico.
Ma l’aspetto piu’ interessante non e’ tanto quello economico quanto quello sociologico e interculturale. Il titolo “Outsourced”, che significa letteralmente “delocalizzato”, si riferisce al protagonista Todd Dempsey (Ben Rappaport) che viene trasferito in India, qui dovra’ confrontarsi con usi e costumi molto diversi da quelli americani. E la critica si e’ affrettata a tacciare la serie di razzismo non apprezzando la sottile ironia di molte battute. Nel primo episodio Todd scherza sul cibo indiano che provoca dissenteria, sui turbanti indossati dai sikh e sulle mucche considerate sacre. Cosi’ il blogger Mikey O’Connell di Zap2lt ha definito la serie “un risultato offensivo, non tanto perche’ zeppo di ignoranza razziale e culturale, quanto perche’ scade ben presto nella ripetitivita’ e nella noia”. Alessandra Stanley del “New York Times” ha invece commentato che al contrario “non c’e’ alcun imbarazzo e non e’ per nulla offensiva, con il procedere delle puntate diventa sempre piu’ accattivante grazie al cast e alla sceneggiatura che trovano la giusta misura”.