I dati parlano chiaro, in Italia la maggior parte dei delitti avviene in famiglia. Negli ultimi 8 anni è calato il numero totale di omicidi ma, al contrario, sono aumentati i delitti nel nucleo famigliare. Nel 2002 i crimini tra parenti erano la metà del totale (51,5%), nel 2008 sono saliti al 70%, a dimostrazione del fatto che la casa non è il posto più sicuro. Con una media di 1 vittima ogni due giorni, purtroppo in Italia la famiglia ammazza più della malavita.
“SANGUE DEL TUO SANGUE” è un formato originale Stand By Me che si inserisce nel filone “scripted reality” in cui il gruppo Discovery si sta specializzando. Il format racconta vicende realmente accadute attraverso ricostruzioni e interviste.
Quindici puntate dedicate ad altrettante storie di delitti famigliari, in prima tv dal 2 febbraio, ogni martedì alle 21:15 su Deejay Tv (Canale 9).
In ogni episodio si delinea la storia della famiglia senza rivelare l’identità della vittima né quella dell’assassino, solamente a metà puntata infatti si capirà chi è stato ucciso per mano del “sangue del suo sangue”. L’ultima parte è dedicata alle indagini, ricostruite dettagliatamente fino alla scoperta dell’assassino e del movente che l’ha spinto a compiere un gesto tanto terribile come quello dell’uccisione di un proprio famigliare.
A spiegare i passaggi più critici e imprevedibili di ogni caso Simona Ruffini, esperta criminologa e scrittrice che commenterà e analizzerà i punti salienti di ogni vicenda.
Commenta Simona Ercolani (produttore creativo di Stand By Me): “Tutti e 15 i casi trattati nelle nostre puntate sono ispirati a fatti di cronaca reali e non frutto della fantasia degli autori. Una volta individuati i casi di cronaca abbiamo letto con attenzione tutti gli atti processuali; ci siamo avvalsi della consulenza scientifica e legale di diversi esperti; abbiamo scritto varie stesure delle storie che hanno attraversato diversi passaggi (legali ed editoriali) prima di arrivare alla versione finale”.
E, sul diritto all’oblio che spetta alle vittime e alle famiglie coinvolte, aggiunge: “Il fatto che parlassimo di omicidi avvenuti in ambito famigliare ci ha obbligato moralmente a cambiare i nomi dei protagonisti e tutti i riferimenti a luoghi e dettagli che fossero riconducibili alla storia vera. Abbiamo fatto molta attenzione a evitare riferimenti espliciti ai casi reali, mossi dal rispetto del dolore affrontato da queste famiglie: l’unico modo per avere una seconda possibilità è infatti dimenticare, e questo non succederà fino a quando ci sarà qualcuno pronto a ricordargli il dramma atroce che hanno vissuto. Garantire a queste famiglie l’anonimato è stata quindi per noi una priorità assoluta nella scrittura delle storie.