Le Olimpiadi di Berlino del 1936 dovevano essere, nei piani di Hitler, la manifestazione della supremazia assoluta della razza ariana. Così non fu e a mandare a monte i progetti della propaganda nazista fu proprio l’atleta nero Jesse Owens, vincitore di quattro medaglie. Con lui Hitler si rifiutò di congratularsi: “credete davvero che mi farò fotografare mentre stringo la mano ad un negro?”, avrebbe chiosato il Führer.
Spettacolare fu la gara del salto in lungo in cui Owens sconfisse l’atleta tedesco Lutz Long. Anni dopo, fu lo stesso Owens a raccontare il gesto di sportività compiuto dal saltatore tedesco nei suoi confronti. Le qualificazioni del salto in lungo si svolgevano contestualmente alle batterie dei 200m piani. Distratto dalla contemporaneità dei due eventi, Jesse Owens rimediò due nulli nei primi due salti di prova. Luz Long gli suggerì di partire più indietro, circa trenta centimetri prima dell’inizio della pedana di rincorsa. Jesse Owens seguì il consiglio, e riuscì a qualificarsi per la finale, dove vinse la medaglia d’oro proprio davanti al tedesco, che fu il primo a congratularsi con lui subito dopo il balzo vincente.
Ma la vita di Owens non fu più semplice al suo ritorno in patria dove ebbe a che fare con i problemi di una società ancora razzista e vide presto svanire tutte le offerte e i contratti che gli erano stati proposti durante i successi delle Olimpiadi. Solo nel 1955 vide i primi riconoscimenti, quando fu nominato da Eisenhower ambasciatore di buona volontà, il suo compito era farsi portavoce della stile di vita americano nel mondo. Nel 1980 morì di cancro ai polmoni.