Pausa. In un certo senso, tutto è cominciato da quel tasto con due lineette verticali e parallele. Pausa. Telefona tua suocera, per dire, mentre Leo DiCaprio sta fuggendo da Ben Kingsley che lo insegue nel manicomio criminale di Shutter Island. Oppure mentre un giocatore della tua squadra sta calciando un rigore al novantesimo.
Non puoi mica pretendere che la suocera sia sintonizzata sul tuo mondo. Una volta si sarebbe rischiato l’incidente diplomatico. Ora, con i decoder di nuova generazione fai un click e con cuor soave ti accingi ad ascoltare il menù per il pranzo con tutto il clan.
Son passati un paio d’anni da quando, senza che quasi ce ne accorgessimo, nei nostri salotti è atterrato il futuro e ora che ci siamo inoltrati nell’èra della tv liquida è più facile, voltandosi indietro, individuare il momento originale.
La concorrenza accelera l’innovazione e, nel volgere di un paio di edizioni dei Raccomandati e di C’è posta per te, la tv destrutturata, la tv superelastica, la tv tiramolla a misura di telespettatore esigente, magari un po’ nevrotico, è una realtà. Il palinsesto fai da te è a portata di telecomando. Prima il satellite, poi il digitale terrestre hanno moltiplicato canali e opzioni.
E l’audience si è frammentata come un bicchiere caduto sul pavimento. Si impone una televisione anarchica, ultraliberale, sempre più emancipata dal ritualismo un po’ massificante delle reti tradizionali. Alcuni eventi come il Festival di Sanremo, i Mondiali di calcio o l’esordio di Saviano resistono più o meno universali, ecumenici. Però la quotidianità, la tv feriale, è sempre più random, indipendente, friabile. C’è il continuo proliferare di nuove reti, e un giorno sì e uno no ne spunta una nuova grazie al digitale terrestre free. Canali targetizzati, per donne, per bambini, per amanti del tennis, della pesca eccetera. Ci sono i cosiddetti canali «catch up», perfetti per recuperare un programma perso perché ritrasmettono il meglio della programmazione di un network.
Ci sono le reti posticipate di un’ora o di ventiquattr’ore per la fruizione «time shifted». Poi ci sono i canali «slave», derivati delle generaliste, come La5 rispetto a Canale 5, La7d, versione rosa di La7. Poi i canali web dei quotidiani, i siti dei singoli programmi per la visione in streaming di qualche puntata. Perché, alla già amplissima scelta, ora si stanno aggiungendo le enormi possibilità offerte da internet. Tv on demand, tv online, con l’opzione «anytime» (in qualsiasi momento) o anche «anywhere» (in qualsiasi posto grazie al pc, all’Iphone, all’Ipad). Sono le nuove frontiere, i nuovi modi di usufruire della tv, sempre più sofisticati e tecnologici. Tutta roba che, come si è visto, rosicchia pubblico alle reti tradizionali. Tanto che anche l’Auditel, se vuole continuare a essere un affidabile strumento di misurazione degli ascolti, è costretta a tarare il campione per conteggiare anche la fruizione differita di un programma.
Il 23 febbraio scorso Mediaset ha mandato in orbita la sua nuova creatura. Premium Net Tv è un sistema di tv non lineare che, attraverso un decoder avanzato e una connessione Adsl, consente di vedere film, serie tv, cartoni, documentari sia sullo schermo normale che sul computer, per un totale di mille contenuti fruibili in qualsiasi momento. In pratica, un enorme potenziamento dell’opzione on demand. Nei primi giorni di attivazione, fanno sapere da Mediaset, sono stati circa centomila gli utenti che hanno chiesto la password per connettersi con il nuovo servizio. Che offre anche la possibilità di noleggiare via telecomando i dvd delle migliori major italiane e americane.
Per rispondere all’offensiva di Mediaset, Sky Italia sta pensando di mettere al centro delle prossime campagne il suo MySky, il decoder che tra le altre opzioni permette al telespettatore di registrare i contenuti prescelti creando il proprio MyChannel. Tra gli abbonati all’emittente di Murdoch (4 milioni 870mila) finora sono circa un terzo i possessori del MySky, un prodotto fidelizzante che da qualche mese è inserito nei contratti basic.
Così la concorrenza tra i grandi editori si è spostata sul terreno della tecnologia, a tutto vantaggio del pubblico. Ma presto tornerà nuovamente nel campo dei contenuti. Si attende a breve infatti il bando d’asta per altri cinque multiplex resi disponibili dall’adozione del digitale terrestre, ognuno dei quali potrà contenere fino a sette canali. Tra i sicuri concorrenti ci saranno la Rai, Mediaset, Sky, La7 e le emittenti locali. Una volta assegnate anche queste nuove frequenze la scelta sarà pressoché infinita.
Insomma, se è vero come recitava qualche mese fa un «tag» sui muri di Milano che «il futuro non è più quello di una volta», con il telecomando in mano il presente è quasi meglio. Possiamo schiacciare il tasto play.
Fonte: Il Giornale