Martedì 17 aprile, alle ore 21.20, il più celebre e celebrato Western della storia dal cinema è la proposta d’autore della rete tematica free Mediaset.
Un’operazione che si avvale del prezioso commento di Tatti Sanguineti, inesauribile voce critica della rete diretta da Marco Costa.
Sembra incredibile, ma «Ombre Rosse» non va in prime-time su una rete generalista da oltre 25 anni. Iris rimedia e regala al suo pubblico l’autentica perla per cinephiles e appassionati del buon vecchio western – capolavoro indiscusso di John Ford – al termine di un’ampia rassegna dedicata all’attore culto John Wayne.
«Ombre Rosse» (1939, b/n) – Oscar per il Miglior attore non protagonista e per la Migliore colonna sonora, nel ’95 selezionata per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti – è un’opera che reinventa totalmente il genere.
Ispirata al racconto Boule de Suif di Guy de Maupassant, «Ombre Rosse» mette in scena un microcosmo – quello della diligenza e dei suoi passeggeri – e il tema del viaggio, sullo sfondo di un deserto, quello della Monument Valley, da allora iconico e imprescindibile.
Il viaggio rappresenta l’avanzare della civiltà. Gli Apaches (non vigeva ancora il politically correct) la barbarie. I viaggiatori – simboli e stereotipi della comunità civile – sono un medico ubriacone, una prostituta, un giocatore d’azzardo, un banchiere disonesto, uno sceriffo, un rappresentante di liquori e la moglie incinta di un ufficiale dell’esercito, cui si aggiungono un evaso (Ringo Kid, Wayne) alla ricerca di vendetta e due fratelli assassini.
Epocali le innovazioni tecniche realizzate da Ford con «Ombre Rosse».
Dal furore realistico con cui il regista getta la macchina da presa all’inseguimento dei cavalli in corsa, agli stuntmen che si muovono sul set sprezzanti del pericolo.
Dal movimento di macchina che rivela la presenza degli Apaches, allo zoom in avanti che fa entrare nella storia John Wayne.
«Ombre Rosse», infine, è anche un racconto morale universale: durante il viaggio da Tonto a Lordsburg dei nove bizzarri passeggeri, risulta provocatoriamente attuale il discorso sul liberalismo del banchiere-ladro.
«A che cosa serve il Governo, insomma: invece di proteggere gli uomini d’affari, caccia il naso negli affari loro. Poi hanno intenzione di creare dei revisori di banche, come se noi banchieri non conoscessimo il nostro mestiere. Anzi, proprio prima di partire ho ricevuto una lettera in cui mi si diceva che sarebbero venuti a ispezionare la mia contabilità. Io ho un motto, che dovrebbe essere riportato su tutti i giornali: l’America agli americani, il governo non deve mischiarsi degli affari ma ridurre le tasse. Il debito pubblico ha raggiunto l’apice ormai, più di un miliardo di dollari all’anno. Sapete di che cosa ha bisogno la Nazione? Di un Presidente che sia un uomo d’affari» (cit. Henry Gatewood).