Giovedì 5 novembre alle ore 20:30 in “Pietre d’Inciampo” – nuova docu-serie storica in 6 episodi ideata da Simona Ercolani e prodotta da Stand By Me – Annalena Benini racconterà la storia dietro le tre pietre d’inciampo posate in via della Verità 19 a Viterbo, dedicate ad Angelo Di Porto e a Vittorio Emanuele e Letizia Anticoli.
Una storia di solidarietà e resistenza arricchita dalla testimonianza diretta del nipote di queste vittime della Shoah, che ricorda il padre Silvano e la giovane ragazza che lo salvò dall’eccidio nazista. Angelo e Letizia vivevano a Viterbo, dove avevano una piccola merceria, insieme ai genitori di lei, Vittorio Emanuele e Reale, e a loro figlio Silvano.
La famiglia, una delle poche di origini ebraiche a Viterbo, era molto benvoluta da tutti. Il 2 dicembre del 1943 la vita della famiglia viene stravolta: proprio davanti alla loro abitazione infatti Angelo, Letizia e Reale vengono arrestati e portati via dalle milizie fasciste che li conducono al carcere di Santa Maria in Gradi. Il piccolo Silvano, di soli 8 anni, si salva dall’atroce destino riservato al resto della famiglia solo grazie al tempestivo intervento di una vicina di casa, una ragazza di soli 17 anni che lo prende per mano e lo allontana fingendo che fosse suo figlio. Anche Vittorio Emanuele viene arrestato qualche tempo dopo, a Roma. Il 22 Marzo 1944, Angelo, Letizia e Reale vengono caricati su un camion: sono destinati al campo di transito di Fossoli. Mentre sta salendo sul camion, Reale cade e si rompe una gamba.
Probabilmente perde conoscenza e resta distesa sull’asfalto, e i fascisti credendola morta, la abbandonano lì. Viene salvata da un muratore viterbese, che la fa accomodare sulla sua carriola e la porta all’ospedale di Viterbo, dove viene nascosta e curata da un medico e da un infermiere, Francesco Morelli.
Angelo, Letizia e Vittorio Emanuele, invece, non faranno mai ritorno dai campi di sterminio. Silvano non ha mai dimenticato la sua famiglia e per anni ne ha tramandato la memoria, che oggi rivive in Angelo, suo figlio. Nate dall’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, le pietre d’inciampo sono “sanpietrini” in ottone che segnano le abitazioni o i luoghi di lavoro di persone che sono state vittime della persecuzione nazifascita: ebrei, oppositori politici, militari, rom e sinti, omosessuali deportati nei campi di sterminio o giustiziati.
Ciascuna di queste pietre, più di 1.300 solo in Italia, rappresenta e tramanda ai posteri una storia di discriminazione e crudeltà, di vite distrutte e di famiglie separate: in “Pietre d’Inciampo” la giornalista, editorialista e scrittrice Annalena Benini conduce il pubblico attraverso l’intimo racconto di seistorie emblematiche, ambientate a Milano, Livorno, Viterbo, Roma e Napoli, attraverso interviste ai famigliari, ricordi di famiglia come lettere e fotografie e ripercorrendo luoghi diventati simbolo della follia nazifascista, come il campo di Fossoli (MO), il binario 21 della Stazione Centrale e il carcere di San Vittore a Milano, le strade del ghetto ebraico di Roma. “Pietre D’Inciampo”, attraverso le testimonianze dei famigliari delle vittime e il contributo di storici, ricostruisce un’Italia ferita dal nazifascismo, divisa e complessa, attanagliata dalla paura e nello stesso tempo ricca di uomini e donne impegnati a combattere contro l’orrore e a offrire riparo e aiuto al prossimo, a costo anche della propria vita. “Pietre d’inciampo”, tasselli di un puzzle che, da Nord a Sud, ci spinge a non dimenticare.